Come non sentirti rifiutato, quando tutti (o molti) ti fanno sentire un alieno soltanto perché la pensi diversamente (dalla massa)… Perché tu fai sempre scelte differenti, quelle che pochi fanno o che farebbero.
I tuoi pensieri oscillano su un’altalena tra il sentirsi la pecora nera, quello sbagliato e strano, e la mosca bianca, che ha un suo pensiero critico e non segue il gregge solo perché <<lo fanno tutti>>.
Ti senti una pecora nera quando perdi di vista i tuoi valori e, di conseguenza, i tuoi obiettivi, poi torni la mosca bianca quando riprendi il focus e mandi al diavolo tutte le voci esterne che aleggiano nella tua mente, pronte a prendere il sopravvento. Ovviamente tutto questo avviene nella tua testa, mentre il mondo ti giudica semplicemente un alieno o forse un povero sfortunato che ha perso la testa.
Tra le pecore nere e le mosche bianche c’è chi a un certo punto della sua vita, di solito per un evento scatenante, diventa il diverso della situazione e allora le persone non lo riconoscono più. Se è questo il tuoi caso, i famigliari e i tuoi cari ti chiedono che cosa ti abbia portato ad essere così o, peggio tacciono pensando: “Poverino, con quel che gli è accaduto (cioè l’evento scatenante) !!!”.
Ma no, tu non sei impazzito. E lo sai, benché di tanto in tanto il dubbio ti assale a furia di ascoltare tutte le voci del coro, che remano contro e che ti compatiscono malamente. Nei momenti di lucidità tu sai, invece, di essere guarito dai vecchi condizionamenti (per fortuna): hai iniziato a usare la tua testa finalmente e stai iniziando a riprendere il ruolo del protagonista. Peccato che gli altri pensino che la tua testa abbia sbattuto da qualche parte: “Altrimenti non si spiega il comportamento di Sara*”. Questo mi ha detto una donna durante una sessione di coaching.
[*Tutte le informazioni dei miei colloqui di coaching restano riservate, di conseguenza il nome di Sara è di fantasia. Ogni riferimento a cose o persone è puramente casuale.]
Non vanno meglio le cose per chi è nato diverso, e la famiglia non l’ha mai capito. In questo caso posso citarti una storia che conosco bene (senza l’ostacolo della privacy), LA MIA 😉
Nata e cresciuta diversa, per questo rifiutata e in molti casi abbandonata. Il freddo, che senti sotto la pelle fino a gelarti le ossa, è una sensazione a cui non c’è quasi rimedio. Puoi ripararti alla meglio, ma quel gelo ti penetra dal primo giorno di vita. Guardi il mondo e ti senti fuori tempo, fuori posto. Ne devi incontrare di persone prima di trovarne una un po’ più simile a te, che sembra parlare la tua stessa lingua. Di solito hai la sensazione di parlare in italiano, mentre gli altri ti sentono parlare l’arabo.
Fin da bambina guardavo la mia famiglia pensando: “Siamo sicuri che sono una di loro? Che ci faccio qui?”. In certi momenti, con la fantasia immaginavo di essere arrivata con un’astronave che mi ha scaricata fuori da quella porta.
Ma che cavolo avevano da urlare? Perché si davano pena per tutto?
La vita è un dono straordinario e loro si lagnavano per delle banalità. Io volevo cambiare il mondo. Ero sempre felice. A me bastava guardare il cielo per sentire l’energia della vita attraversarmi le vene e questo era sufficiente per scaldare quel gelo interiore, riscaldandomi fino alle ossa. Come mai loro vedevano un problema in ogni opportunità e io vedevo in ogni ostacolo una sfida? Dovevo davvero essere caduta da una stella perché loro erano troppo strani, secondo me, e io lo ero, secondo loro.
Loro mi guardavano con perplessità, con lo sguardo ottuso. “La bambina è timida: se ne sta sempre in disparte”, si giustificavano con i parenti. No, io avevo un mondo dentro, un intero universo di sogni e voglia di vivere. Avevo tanto da dire, ma lo avrei detto a chi poteva capirlo. Volevo costruire qualcosa di importante, portare il sorriso a chi non lo aveva, con la convinzione che in qualche angolo del mondo ci fossero altri alieni come me.
“Sì, un giorno sarò adulta e farò…”. Mi piaceva sognare e sono diventata una visionaria concreta, che un passo dopo l’altro mette semi sul suo cammino. Non c’è fretta, un seme alla volta. Certamente ho dovuto partire da zero, non una volta… tante volte. Se nessuno crede in quello che fai, dato che non crede nemmeno in se stesso, difficilmente ti aiuterà a realizzare i tuoi sogni.
Già, i miei familiari li chiamano sogni, io li definisco progetti. C’è una bella differenza: il sogno è solamente la prima visione di un possibile progetto, poi occorre passare all’azione.
Serve una buona dose di coraggio.
Il più forte segno distintivo della mosca bianca è infatti il coraggio, che spesso non ci riconosciamo perché gli altri ci etichettano come “il sognatore sprovveduto”. Se per una vita tutti (o quasi) classificano il tuo coraggio come un salto nel buio, tu stesso tendi a colpevolizzarti per quella sana “follia” piuttosto che vederti come un guerriero valoroso. E non è neanche follia per davvero, però la chiami così, giustificandoti perché almeno hai aggiunto che è sana, una sana follia. Sarebbe invece il caso di darle un altro nome, di liberarti da quel sottofondo di chiacchiere, dei condizionamenti. Per un empatico è più facile giustificarsi, dicendo che serve anche l’autoironia. Voglio essere schietta, dato che ci convivo quotidianamente con quelle voci: follia è un termine inappropriato, come molti altri, da eliminare dal tuo vocabolario e dal tuo inconscio.
Le parole creano la realtà. Non è soltanto un concetto esotico new age. Quello che pensi lo porti sul piano della realtà: te lo dimostrerò tra poco.
Ecco perché all’inizio ti ho parlato dell’altalena. È un attimo identificarsi come la pecora nera (sempre ironizzando ovviamente). Oggi proviamo a non riderci su e riflettiamo su cosa accade nel “tra sé e sé” della mosca bianca.
Un sistema per proteggersi, che adottano le pecore nere, è quello di non mostrarsi più per quello che si è con le persone a cui tengono, di smettere di parlare come gli suggerisce la testa e fingere di tornare a conformarsi, per quieto vivere. Così non dovremo più sentire le ramanzine degli altri ed evitiamo altresì di sentirci sbagliati. Ammettiamolo: di tanto in tanto si cade nel dubbio di essere strani e un po’ svitati, tanto quanto si cede al rimedio di non essere se stessi di fronte agli altri. In fondo, che c’è di male, faccio contenta mia madre e mi faccio i fatti miei quando nessuno mi vede. Per quieto vivere, il loro quieto vivere. Tu dentro sei tutt’altro che quieto: da un lato soffri per dover essere ciò che non sei, dall’altro per la menzogna.
Il rischio maggiore è quello di perdere la propria autenticità per alleviare le pene altrui. E la nostra sofferenza non è importante? I nostri desideri non contano? I nostri valori più profondi si possono barattare in cambio di accoglienza, per evitare il rifiuto?
Credimi, per quanto ti possa impegnare ci sarà sempre qualcuno che si aspetta altro da te, che ti vuole diverso e che pretende di controllare i tuoi pensieri. Il castello di carte che ti costruisci per salvarti è in bilico, pronto a cadere al primo soffio di vento. Vuoi perché magari ci sono dei momenti in cui la tua autenticità spinge per venire a galla o perché quel giorno hai sentito una fesseria di troppo… Il giorno delle verità è costantemente dietro l’angolo, che ti piaccia o meno.
Per quanto tempo credi di poterti ingannare? La menzogna più dolorosa non è quella verso gli altri, bensì quella con te stesso. Tu meriti di essere accettato per quello che sei, anche da chi non comprende le tue scelte: questo è amore sano e vero.
Gli Scappati di Casa sono mosche bianche.
Rarità, come son rari i diamanti.
E allora perché, mannaggia, sembrano più sfigati di Fantozzi e più imbranati di Pollon Combinaguai?
Sì, è vero: gli Scappati di Casa non ne azzeccano una giusta. Vorrei ben vedere come sia possibile eccellere, quando devi fingere di essere come la massa e nel frattempo viverti la tua vera personalità di nascosto. C’è una profonda discrepanza tra valori personali e azioni, una guerra interiore: mentre agisci, sei rallentato dai sensi di colpa, dalle voci del gregge, dalla paura di sbagliare… E quest’ultima, la peggiore delle precedenti zavorre, sai cosa fa: ti parla nell’orecchio giorno e notte (sì, anche nei sogni). Ti dice che se fallirai, confermerai a tutti di essere un sognatore illuso: LA PECORA NERA
<<Te l’avevamo detto che non si può vivere di sogni, ragazzo mio>>
Adesso sei cresciuto, e magari hai una tua famiglia. Ti immagini cosa diranno i tuoi genitori, quando scopriranno che hai messo nei guai anche tua moglie (o tuo marito) e i tuoi figli?
Attenzione, attenzione… Non è ancora accaduto: magari hai appena iniziato i primi passi del tuo progetto. Rilassati, va tutto bene. Torna con i piedi per terra, era solo la tua immaginazione a farti vedere questo scenario disastroso.
Eppure quello scenario non vuole saperne di tacere e di levarsi dai piedi, ti accompagna ovunque. Mettiamo il caso che il tuo sia un progetto di business, ma vale anche per la scelta di sposare la persona che tua madre non sopporta. Ogni tuo gesto sarà inconsciamente mirato a dimostrare qualcosa a tua madre, per darle conferma della tua buona decisione, di conseguenza sarai maldestro e tutt’altro che intenzionale. Devi dimostrare qualcosa, non puoi agire con lucidità, sei condizionato. Dovresti agire secondo il tuo piano di azione, quello che hai definito in base ai tuoi obiettivi, ma quel film mentale è sempre presente e condizionante.
Nella maggior parte dei casi lo scenario catastrofico, poi, si verifica.
Forse avevano ragione?
O forse è ora che tu sia autentico/a e sincero con te stesso? Perché devi sapere una verità: è l’adolescente che attraversa la fase della menzogna perché non si sente amato e accettato. Forse la verità è che ora va fatto il salto verso l’età adulta. Il mio salto verso l’età adulta mi ha portato a desiderare ardentemente un mondo nuovo, in cui chiunque possa essere e sentirsi se stesso, un mondo di tolleranza per le idee di tutti e di rispetto dell’altro quanto di noi stessi. Con questo sito, che è anche il mio lavoro, ho unito l’esigenza di un’attività di impresa con quella di portare valore nel mondo, attraverso le mie passioni. Ognuno di noi dovrebbe dare il suo contributo per un mondo migliore: questo è il mio.
Tu cosa hai scelto per te?
Come ti senti dopo aver letto questo articolo? Potresti esserti riconosciuto, aver ritrovato alcune delle tue dinamiche personali e magari aver pensato a qualcosa che io non ho scritto.
Ti va di farmelo sapere? Puoi raccontarmi se ti senti più pecora nera o più mosca bianca, quali sono le tue strategie per “lavorarci su”, come si comportano gli altri con te. Ti capiscono? Quali sono le reazioni degli altri?
Puoi scrivere tutto nei commenti qui sotto: il confronto è il miglior sistema per crescere. Qui il tuo pensiero è libero e per noi conta tantissimo: siamo Scappati di Casa come te.

Ipotesi psicologica : il mio odio per il lusso sarebbe un modo per distaccarmi dal branco, per ribadire a me stesso che “non sono come gli altri”. Vedi gli esempi delle terme e dell’albergo a cinque stelle: il benessere va bene, ma che non si sappia in giro. Questo potrebbe spiegare anche la preferenza per gli abiti usati e pieni di storia (complice un pizzico di feticismo), ma comunque non risponde alla domanda: perch voglio sentirmi diverso?
Ciao, grazie per il tuo commento. E’ molto interessante il tuo punto di vista. Anche io mi sento così, ma nel mio caso non lo faccio per sentirmi diversa… PIUTTOSTO SONO PROPRIO DIVERSA. Mi piacciono gli abiti usati e non cerco il lusso perché questo è il mio modo di essere. Non è un “voglio sentirmi diversa”. Ho sempre guardato la necessità di possedere come un bisogno strano, che non mi appartiene. Non sono minimalista anche se talvolta sento il bisogno di liberarmi e di liberare spazio, però in realtà mi trovo a mio agio con gli oggetti. Semplicemente mi annoia lo shopping e non sono attratta dallo sfarzo che luccica nelle vetrine. Provo invece piacere nel ricevere in dono oggetti a cui posso dare nuova vita perché lo spreco mi infastidisce. Che ne pensi?